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    La storia incredibile di David Lofchik

     

    Quando sento che la mia determinazione sta vacillando penso a David Lofchik.

     

    Una sera stavo cucinando e mi sono ricordato che Seth Godin aveva consigliato di ascoltare le vecchie registrazioni di Zig Ziglar, uno dei più grandi maestri dell’arte della vendita e soprattutto forse il più grande speaker motivazionale oltre che fine psicologo della mente umana.

     

    Praticamente tutti hanno copiato qualcosa da lui nel mondo della crescita personale.

     

    Verso la fine di un suo discorso davanti ad una platea di venditori che volevano imparare a migliorare come persone e come professionisti, Ziglar cambia tono e inizia a raccontare la storia del piccolo David, figlio di un suo caro amico.

     

    I genitori erano così felici della sua nascita, ma si accorsero presto che il neonato aveva un problema.

     

    Lo portano da vari medici che gli fanno sempre la stessa diagnosi: ha subito un deficit mentale e quindi è diventato spastico, non potrà camminare, non potrà parlare e non c’è nulla che si possa fare.

     

    Erano altri tempi e i medici addirittura consigliano ai genitori di portarlo in un istituto.

     

    Cioè rinchiuderlo per non rovinare la vita al resto della famiglia.

     

    I genitori non ci stanno e non accettano che il loro figlio debba diventare un vegetale.

     

    Al trentunesimo specialista finalmente una speranza.

     

    Il medico dice loro: «È possibile fare qualcosa per vostro figlio, ma sarà durissima. Dovrete portarlo costantemente ai limiti delle sue capacità e poi continuare ancora. Dovrete essere determinati fino all’eccesso, non perdere la speranza se per mesi o anni non farà progressi. Dovrete insistere comunque giorno dopo giorno perché ogni giorno che vi fermerete lui regredirà rapidamente.

     

    Ve la sentite?»

     

    Potete immaginare la risposta dei genitori.

     

    Inizia per loro e per il figlio un calvario. Sforzi quotidiani, fatiche sovraumane, i genitori che devono insistere con la dura e dolorosa terapia fisica anche quando il figlio dice loro piangendo di smettere, chiede loro per favore se per un giorno possono interrompere che non ce la fa più.

     

    Ed è lì che un genitore si trova davanti ad una scelta: accontentare il figlio per la paura di perdere il suo amore e per non dover resistere alle suppliche oppure fare quello che sanno essere la cosa giusta da fare per il benessere a lungo termine del figlio, cioè continuare senza sosta con la speranza di regalare un giorno un futuro migliore al figlio.

     

    Puntano a regalare il sorriso della vittoria sulla malattia.

     

    In piccolo questo dilemma lo affrontano ogni giorno tutti i genitori.

     

    Vorrebbero accontentare i figli e lasciarli liberi ma devono definire dei limiti chiari e precisi per fare in modo che crescano in modo sano e virtuoso.

     

    Quando David ha 11 anni il medico chiama i genitori per dire loro che secondo lui il figlio è pronto.

     

    Davanti a tutta la famiglia riunita e trepidante, David raccoglie tutte le sue forze, è madido di sudore dallo sforzo ma dopo istanti interminabili compie il suo primo piegamento sulle braccia.

     

    La cosiddetta “flessione” tipo Richard Gere in “Ufficiale e gentiluomo”

     

    Un risultato impensabile per un bambino con la sua diagnosi.

     

    Nel corso degli anni successivi i progressi accelerano e nel giorno del suo Bar Mitzvah, la festività che segna il passaggio alla maturità per un bambino ebreo, David può camminare e parlare davanti ai suoi cari raccolti nella Sinagoga come un ragazzo normale, anzi più forte degli altri.

     

    Grazie alla determinazione dei genitori prima e alla sua dopo, David sarà in grado un giorno di compiere ben 11.000 piegamenti sulle braccia nel corso di 24 ore.

     

    Se state pensando che non è possibile, il record del mondo è 46.001 piegamenti.

     

    Una storia straordinaria con un dettaglio che mi ha colpito molto.

     

    Il medico si è premurato con i genitori che mai e poi mai David avrebbe dovuto stare in compagnia di un altro bambino spastico nel corso della sua guarigione.

     

    La sola vista dei movimenti del malato lo avrebbe condizionato forse irreparabilmente portandolo a copiare i suoi gesti scoordinati che gli sarebbero venuti naturali a causa della sua malattia.

     

    David doveva essere attorniato da persone che fungessero da esempio e dal qual potesse essere ispirato.

     

    Quando sento che sto perdendo motivazione oppure devo seguire una attività noiosa o difficile per compiere progressi sul lavoro, nella salute, nelle relazioni, penso a David e dico a me stesso:

     

    «Se lui ci è riuscito nonostante il suo handicap iniziale, posso farcela anche io»

    Ma non ce l’ha fatta da solo, ha avuto amici e parenti che lo hanno sostenuto.

    E così cerco persone che mi aiutino nel superare le mie sfide.

     

    Chiedere aiuto è un passo importante, anche per capire chi veramente ci tiene a te.

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